Time to build the future.
Nel 2016 Monolith era già in giro per festival, molto prima della sua uscita Italiana. Un anno, a occhio e croce. Fra i festival che si sono presi la briga di ospitarlo nei loro palinsesti c’era anche il Trieste Science Fiction Fest: considerato che dell’aspetto science fiction in Monolith, sottile e completamente strumentale, non speravo si interessasse qualcuno, la notizia è stata particolarmente piacevole, per me. Oltretutto era la mia prima volta a Trieste e quando arrivai sul posto (un teatro splendido a un passo dal moderno retrofit di Blade Runner) ho avuto modo di apprezzare la linea grafica e la comunicazione del festival: minimalissima, modernissima e assolutamente puntuale nella sua applicazione. Si trattava di un lavoro di Davide Toffolo, estremamente semplice e potente come al solito, esaltato dalla progettazione grafica di Francesco Paolo Cappellotto, che ho avuto modo e piacere di conoscere durante i giorni delle proiezioni.
Oggi Francesco mi chiede di provare a dire la mia sulla fantascienza in vece di illustratore ufficiale dell’edizione 2017 dello stesso festival. Considerato che l’anno scorso Toffolo si è spinto verso l’essenzialità, io ho cercato di calarmi nel ruolo di artista sci fi tout court, con un impianto formale decisamente più carico di informazioni, tutto volto a fissare su carta/schermo un’allucinazione dal futuro. Sono cresciuto con gli illustratori Sci Fi, fumettisti, illustratori o concept artist e la chiaroveggenza di alcuni di questi disegnatori continua a scioccarmi anche e soprattutto in quei casi in cui i futuri che hanno previsto non si sono poi affatto verificati, restando uno sguardo su un reale potenziale alternativo assolutamente coerente, desiderabile o temibile che sia.
Il futuro è stato il sogno o l’incubo di qualcuno, quindi mi piace particolarmente l’idea che un’allucinazione possa essere molto vicina al reale: facilita un inconsapevole e esaltante travaso della fantasia nel mondo di tutti i giorni. Odaiba Gundam, per dire, è una di quelle operazioni al limite. Passeggiando per Trieste, mi sono innamorato dei cantieri al porto. In particolare un cantiere stupendo proprio dietro la location del festival. I cantieri nei porti hanno sempre di queste macchine mastodontiche per svolgere lavori titanici, ma a Trieste, complice l’estensione a perdita d’occhio del suo splendido, astrattissimo lungomare e la bellezza senza tempo delle sue gru, non ho potuto fare a meno di immaginarmi un cantiere del prossimo futuro. La gru “Ursus”, fra i più stupendi oggetti dell’industria planetaria, forse, un giorno lontanissimo andrà in pensione e verrà sostituito da un nuovo baluardo della tecnica, un altro gigante buono meccanico. Mi andava, insomma, di godermi della fantascienza in cui l’uomo, con la scienza, trasforma la fantasia in realtà e ho provato a immaginarmi il porto di Trieste del futuro: ho disegnato una famiglia triestina, in basso a destra, sono piccolissimi - Linda, Annalisa e Andrea che a differenza di Ursus2 esistono veramente e li saluto - una mamma e un papà hanno portato la loro figlioletta a vedere di cosa è capace la fantasia.
Forza Ursus!